martedì 29 marzo 2011

Importante scoperta letteraria

Girovagando casualmente in rete, seguendo non ricordo quale ragionamento, mi sono imbattuto in un documento davvero interessante e, anzi, senza falsa modestia, per me straordinario. Come deducibile dai post in precedenza redatti, uno dei punti focali risultava essere l'originalità e l'attitudine di attribuire l'eponimo di Montelparo al longobardo Elprando; sotto alcuni punti di vista (leggasi il Pastori) questa tendenza sembrava fin troppo "forzata" anche se, come si è visto, vi sono svariati punti a favore, punti che non finirò mai di considerare per continuare questa mia opera. Il frammento che qui ora riporto proviene dalla "Charta Venditionis", ora collocata nell'archivio arcivescovile di Lucca :

"+ In Dei nomine. regnante domno nostro Liutprand rige, anno regni eius uigensimo septimo, et domno nostro Hilprand rige, anno quarto, duodecimo dies intrantis Kalendas magias, per indictione septima; feliciter."

In alcuni casi, Hilprand (già facilmente comprensibile) viene "tradotto" nel più attuale Elprand(u). Questo documento sta a testimoniare innanzi tutto come il nome di Elprando esistesse REALMENTE tra i longobardi (e non è frutto, quindi, di somiglianze assonantiche); poi, chissà se questo Elprando sia il nostro diretto interessato (anche se, sinceramente, a priori non credo)

lunedì 28 febbraio 2011

Struttura insediamento longobardo

In uno splendido libro, trattante le varie tipologie insediative e costruttive delle varie popolazioni barbariche, "Edilizia residenziale tra V e VIII secolo", a cura di Gian Pietro Brogiolo, sono venuto a conoscenza dei fondamenti di un abitato longobardo, di cui qui espongo. Innanzi tutto, un passo importante consiste nell'analisi dei vari corpi di leggi delle varie popolazioni barbariche, finalizzate soprattutto alle questioni private, dalla proprietà al regime di vita quotidiana; naturalmente, le più importanti leggi longobarde vennero redatte dal re Rotari nell'omonimo Editto nel 643, anche se ne succedettero altri quattro, ciascuno dei quali identificato con il corrispettivo re (Grimoaldo, Liutprando, Rachis e Astolfo). Economicamente parlando, i Longobardi, proveniendo da territori particolarmente ricchi di animali e alberi da frutto (quali, in primis, la Pannonia, corrispondente alle odierne Ungheria-Romania, e in secundis dalla Germania settentrionale), erano dediti ad uno stile di vita di tipo silvo-pastorale; si assiste di qui ad uno sfruttamento delle principali risorse ambientali (non praticando l'agricoltura), sfruttamento che rappresenta l'oggetto principale di numerose leggi longobarde, alcune delle quali vertevano alla regolamentazione della caccia, della pesca, dell'allevamento, ecc... L'elemento principalmente usato per la costruzione delle abitazioni loro era il legno, molto più frequente della pietra e di facile reperibilità, oltre che utilizzo. Era , il legno, un elemento talmente importante per i Longobardi (e non solo) da far stipulare delle leggi giudiziarie circa il suo furto: riporta, a tal proposito, il volume una legge, secondo cui "si quis de lignamen adunatum in curte aut in platea ad casam faciendam furavit" (cioè "se qualcuno, per costruire una casa, avrà rubato del legname, essendo stato depositato nella corte [ovvero lo spiazzo intorno al quale venivano innalzate le abitazioni] o nel cortile") dovrà pagare 6 soldi. Pur se rarissimi, esistono dei casi in cui alcune costruzioni longobarde risultavano rese mediante l'utilizzo di pietre: queste erano esclusività di personaggi di rango sociale superiore, costruite da parte dei cosidetti "magistri commacini", scultori, architetti, stuccatori solitamente raggruppati in corporazioni. Un esempio tutt'ora presente può essere benissimo la Cappella Longobarda, a Cividale del Friuli, o anche il campanile del duomo di Modena che, secondo alcuni, altro non sarebbe che la torre del palazzo della regina longobarda Teodolinda, vissuta dal 570 al 627. Il villaggio longobardo risultava essere molto piccolo, dunque, con capanne in legno e paglia, a volte la paglia veniva impastata con fango ed il tutto veniva fatto essiccare al sole per costituire le mura; le abitazioni erano in media lunghe circa 70 metri, a volte costruite su di un piccolo solco profondo dai 40 ai 70 cm fungente come "fondamenta", in tipico stile "long haus" germanica. Al centro del villaggio c'era la "curtis", il cortile principale intorno al quale sorgevano le case, intese come "clausurae", cioè come un mondo chiuso, una realtà a sè stante in cui l'unico protagonista era il capo famiglia, il cui potere, oltra che dal sesso maschile, nella coppia veniva sottolineato già a partire dal giorno successivo al matrimonio, nell'atto del cosidetto "morgengabe", in cui l'uomo donava alla sposa gli unici averi che avrebbe dovuto tenere nel corso della propria esistenza. Il villaggio longobardo era poi circondato spesso da un recinto, o palizzata, o siepi, che non dovevano assolutamente essere distrutte con la forza (il reato è denominato "horebus"). Tre rubriche dell Editto di Rotari rimandano a tre tipologie di siepi: La 286 richiama una "axegias de sepe", probabilmente uno steccato; la 287 al furto di una "pertica transversaria" ed una "sepe stantaria"; allo stesso tipo di recinsione rimanda la rubrica 303. In ultima analisi, impotante fu l'importanza che veniva data al mulino ad acqua, tanto da presenziare, nella rubrica 150, un caso di "de mulino cappellato", ovvero un caso di distruzione di un mulino. Per rispetto di copyright, sottolineo come queste notizie le abbia tutte prese nel libro "Edilizia residenziale tra V e VIII secolo" a cura di Gian Pietro Brogiolo.

domenica 27 febbraio 2011

Conoscenza topografica del paese


Ovviamente, uno dei compiti principali risulta essere l'analisi topografica del paese, tornando a ritroso nei secoli per identificare, così, le principali zone di abitazione. Ciò è di necessaria importanza in quanto permette di analizzare quali luoghi della collina siano stati da "sempre" concepiti come adatti per delle costruzioni, restringendo ancora maggiormente il raggio d'azione. Seguendo la primaria fonte, il Pastori, si riscontra come, annesso alla chiesa di Sant'Arcangelo, sulla sommità della collina, fosse presente (e lo è tutt'ora) un monastero dei Benedettini il quale, analogamente ad oggi, aveva già il tetto crollato al tempo dell'autore. In seguito recita "A questo contiguo era l'altro Monastero degli Agostiniani colla sua Chiesa, che corrispondeva alla Piazza, il qual monastero esisteva prima del 1259". E' ora di fare una piccola osservazione: nonostante a Montelparo esista tutt'ora un monastero agostiniano, nei pressi del Municipio, esso non consisterebbe nel sopracitato convento, in quanto di origine ben più recente, essendo stata incominciata la costruzione nel 1686. Per poter capire, poi, dove questo monastero avesse sede, basta tener presente fondamentalmente di due elementi: la struttura della collina e i sommovimenti tellurici durant il terremoto del 1703. In base a quest'ultima analisi, espongo qui un paio delle mie conoscenze: in primo luogo, necessita sapere che, prima del terremoto, l'odierna piazza corrispondeva alla zona in cui, adesso, ci sono scivoli e altalene; in secondo luogo, proprio in quel posto, si racconta di come, dopo il terremoto, appunto, alcuni passanti sentissero sottoterra delle preghiere di alcuni monaci che aspettavano inesorabilmente la loro fine.....che si trattassero dei monaci del convento agostiniano cui si riferisce il Pastori ? Io una mano sul fuoco, per ora, ce la metterei. Su questa Piazza era presente anche il pubblico Palazzo, attorno al quale vi erano le principali (ma non esclusive) abitazioni del paese, circondate da una spirale di vie facilmente carrozzabili, le quali erano limitate da due porte, una a nord e l'altra a sud, delle quali oggi resta solo quest'ultima (la porta del Sole). In virtù di queste considerazioni, quindi, ritengo sia molto probabile come la Piazza principale del paese si trovasse difronte all'odierna chiesa di Sant'Arcangelo; per approfondire la questione, occorre però analizzare le tipologie urbanistiche dei paesi, considerando dove solitamente si costruisse la piazza (normalmente, infatti, nella zona più alta), le chiese, ecc. "Tutto ciò formava l'antico castello, ma tutto questo non era Montelparo".
Essendo molte famiglie giunte a Montelparo, forse per necessità di lavoro, forse per la bellezza dl territorio, la morfologia antica del paese non avrebbe sostenuto un ingresso così quantitativo; si sentì, così, la necessità di allargare il paese seguendo una sorta di mezzo cerchio, in quanto partendo da un allargamento a nord-est, ci si estese verso est per, poi, ricadere a sud. A seguito di questo ampliamento urbanistico vennero costruite altre tre porte, una detta di Catigliano in quanto rappresentava il quartiere dove giunsero le famiglie dal vicino castello di Catigliano (distrutto, sul Monte Tondo, nel 1242), un'altra di Catanova che, al tempo del Pastori, coesisteva con quella del Sole e la terza la quale era (ed è) completamente distrutta. In alto riporto la piantina di Montelparo con evidenziate approssimativamente (ma oggetto di studi senz'altro più approfonditi) la principali cerchie murarie dalla più recente (in verde) alla più antica (in giallo).

giovedì 10 febbraio 2011

LETTURA DE "IL PASTORI"

Il Pastori risulta essere senza ombra di dubbio uno dei più importanti, forse il più importante, storici di Montelparo; particolare stima suscita il suo marcato interesse circa l'origine, più o meno eziologica ed etimologica, del paese.
Esponendo delle proprie ipotesi e pubblicando pensieri frutto di anni di studi, il Pastori sostiene con certezza come Montelparo sia stato fondato da un longobardo di nome Elprando; egli definisce, inizialmente, il periodo storico della fondazione all'incirca al IX-X sec. d. C. in quanto, affermando come tale signorotto avesse poi concesso all'abbazia di Farfa i propri terreni in quanto privo di successori legittimi, circoscrive il periodo dopo all' 898, anno in cui l'abbazia di farfa venne spostata dalla sua originaria sede in Sabina a Santa Vittoria in Matenano, a causa delle incursioni saracene, avvenute a partire dal 894-96 sbarcando ad Ostia antica.
Questa considerazione, mirando più a Montelparo, è tanto giusta quanto sbagliata; infatti, come giustamente evidenzia Pastori, i Longobardi non potevano, o meglio, non dovevano possedere alcun tipo di terreno, espressione di potere, dopo la conquista dell'Italia da parte dei Franchi di Carlo magno (che spodestò l'ultimo sovrano longobardo, Desiderio, nel 775 d.C.).
Queste considerazioni, così, portano all'impostazione di Elprando a partire dai primi anni del VII sec, quando gran parte delle Marche erano assoggettate dal Ducato di Spoleto (considerando come il primo duca i Spoleto, Faroaldo I, ci divenne intorno al 578).
A mio personale parere, un passo decisivo dell'opera del Pastori è il seguente "Probabilmente può conjetturarsi, essendo stato costrutto ed edificato Montelparo da un Longobardo, debba esser stato fondato nel VII o nell VIII secolo, allorquando i Longobardi tenevano occupata l'Italia, giacchè intorno all'anno 773 Carlo Magno pose fine al loro regno, distruggendo tuti i loro eserciti e facendo ancor prigioniero l'ultimo loro re Desiderio; è vero che dopo la detta distruzione erano rimasti in ogni parte dell'Italia motissimi Longobardi; onde quando di nuovo li presentò in Italia Adalgifo figlio di Desiderio con numeroso esercito di Greci per riacquistare il regno paterno, che poi fu fatto prigioniero anch'esso, colla sconfitta dell'esercito, da Carlo Magno, dovevan esser tutti i Longobardi esiliati dall'Italia: ma consultando Carlo l'affare col pontefice Leone III prudentemente risolse di tollerarli, a motivo di non tollerare ancora gli Italiani, che eransi congiunti in parentela con i rimanenti Longobardi. Quest'epoca posteriore però non parmi adatta alla fondazione di Montelparo, essendo costrutto da un longobardo".

domenica 9 maggio 2010

Prima cinta muraria

La prima cinta muraria costruita a Montelparo intorno all'anno Mille si colloca nei pressi della sommità della collina, precisamente poco al di sotto della chiesa principale di San Michele Arcangelo (guarda caso, patrono dei Longobardi). Oggigiorno di queste mura è rimasto ben poco, praticamente nulla in quanto molte strutture difensive e architettoniche sono sprofondate con il terremoto del 1703. Con il passare dei secoli, questa cinta proteggeva l'antica sede comunale, quando Montelparo ebbe un proprio statuto a partire dal 1215, che risiedeva dove ora si trova il piazzale di fronte a San Michele Arcangelo. La via dove anticamente si trovavano tali mura, in commemorazione del fenomeno dell'incastellamento, prende il nome di Via Castello, dove tutt'ora, come unica superstite di un'epoca già trascorsa, vi è una casa risalente al XIV secolo.
Nella sede municipale di diversi secoli fa si riunivano tre consigli, quello dei Cento, di Credenza (chiamato anche "consiglio generale" poichè trattava tutte le questioni comunali di carattere amministrativo, giuridico ed economico) e di Collegialità. In quest'ultimo appartenevano otto cittadini, suddivisi in quattro coppie, ciascuna delle quali era a sua volta rappresentata da una delle porte cittadine (oggi, a Montelparo, è rimasta solamente la porta del sole); questi otto rappresentanti nominavano trentadue facenti parte del consiglio di Credenza i quali, a loro volta, nominavano i Cento dell'omonimo consiglio. Una caratteristica di questa gestione amministrativa, consultabile in antichi documenti, è la tassazione sul "focus", ovvero qualora una famiglia avesse avuto un focolare, doveva pagare una determinata tassa.



sabato 8 maggio 2010

Prima fase

Andando nell'archivio comunale di Montelparo, ho avuto modo di avere una visione più chiara e dettagliata riguardo la storia di questo paese; non potendo consultare alcun tipo di documento scritto (in quanto obbligato a farmi abbonare tale possibilità dalla sovrintendenza ed enti vari...), ho avuto modo di rivolgere diverse domande ad una preparatissima guida, ottenendo fruttuose risposte ed indicazioni.
Come dicevo all'inizio, per poter affrontare questo lunghissimo percorso di studio occorre prendere in considerazione diverse epoche storiche, da cui, a loro volta, ottenere informazioni tali da dirigermi verso una minuziosa analisi altomedievale del territorio.
Non molto distante da Montelparo, al confine con un altro paese , Monterinaldo, è stato scoperto intorno agli anni Cinquanta del secolo scorso un tempio ellenistico risalente all'incirca al II sec. a.C.; da un punto di vista archeologico, questo santuario ancora oggi non si sa con certezza se fosse di tipo propriamente oracolare, tanto da giustificarne il probabile isolamento territoriale, oppure facesse parte di una città che, se così fosse, sarebbe tutta da scoprire. Quest'ultima possibilità sembrerebbe la più accreditata, dato che intorno al III-II sec. a.C. in quel territorio v era un insieme di 36 città romane, una delle più importanti delle quali era tale Urbs Novana, ovvero l'odierno Montedinove. Si suppone, quindi, come una di queste città potesse trovarsi proprio dove ora vi sono i resti del tempio ellenistico: questo tipo di documentazione, anche se sembrerebbe poco pertinente ad un percorso propriamente medievale, è di necessaria importanza, poichè permette noi di conoscere più approfonditamente possibile le vicende storiche che hanno segnato quel territorio.....ma, per poterne sapere ancora di più, occorre fare una bella (e obbligatoria!!) ricerca. Questo santuario, secondo alcuni studiosi, era dedicato ad un dio delle acque (forse il dio Granno, un cui santuario è stato da poco rinvenuto nella città romana di Urbisaglia), finalizzato alle cure di malati locali o in pellegrinaggio....a testimoniare l'importanza dell'acqua come elemento principale, è una piccola vasca di forma quadrangolare utilizzata a mò di piscina purificatoria. Oltre al rinvenimento di colonne di stile etrusco (ovvero "liscie", per intenderci senza le classiche marcature, stilisticamente chiamate lesene ), sono stati rinvenuti moltissimi reperti di uso perlopiù domestico (fibule, spilli, fermagli ecc....) in un pozzo, dal nome tecnico di favisse o stipe votiva, utilizzato come "tesoriere" del tempio. Questi reperti tutt'ora si trovano al museo archeologico di Ancona, che rappresenterà una mia prossima meta.
Tenere presente la storia di questo tempio è davvero importante, poichè valorizza gli studi secondo cui Montelparo risultava essere abitato già al tempo dei romani, se non addirittura in epoca precedente; occorre a tal proposito sottolineare una scoperta davvero eccezionale: nella contrada Celestrana, poco al di fuori del paese, è stata rinvenuta un'importante necropoli romana. Sapendo che i Romani (come del resto pressocchè tutte le altre popolazioni antiche) erano soliti seppellire i defunti fuori città, poichè l'urbs era un territorio pertinente ai vivi, percui non poteva (e, quindi, doveva) essere condiviso dai morti (lo stesso Cicerone sostiene, nella sua opera "De Legibus" come i vivi, a loro volta, non dovessero coltivare gli appezzamenti di terra sotto i quali erano stati sepolti dei morti o dei loro "resti", solitamente un dito (come veniva definito al tempo dei romani, "os resectum") se sepolti attraverso il rito dell'inumazione nel primo caso, dell'incinerazione nel secondo, poichè il terreno era di priorità dei defunti, tant'è vero che gli stessi neonati venivano messi in culle appese al soffitto e non toccanti terra, oppure qualora al pater familias, durante il banchetto, cadesse qualcosa non doveva raccoglierlo, poichè ormai era proprietà dei morti) ciò stimola la considerazione di come, sul colle dove tutt'ora sorge il paese, già si fossero impiantati antichissimi nuclei abitativi che, non dimentichiamolo, i Longobardi stessi erano soliti riadoperare come loro sede.
Tornano propriamente a Montelparo, le cose da dire sono davvero molte (ma non tutte, ancora ); per quanto riguarda una probabile influenza longobarda, ciò risulta possibile per diversi fattori: prima di tutto il nome stesso di Montelparo viene ripostato nei più antichi documenti farfensi del X sec come Mons Elprandi, dove per "Elprando", secondo la tradizione, ci si riferisce a un presunto signorotto di origine longobarda ( evidenziamo la desinenza -ando tipica dei nomi longobardi ); non è un caso che dica "signorotto" longobardo, poichè mi è stata riferita una notizia di affascinante importanza.....Montelparo, infatti, faceva parte del Ducato di Spoleto, il principale (insieme a quello di Benevento) possedimento longobardo in Italia, il cui primo duca fu tale Faroaldo I, morto nel 591 o 592. Non dimentichiamo, infatti, come la conquista longobarda in Italia centrale fosse stata sostenuta dal secondo re di questo popolo, Autari, salito al potere nel 584. Probabilmente, quindi, Elprando poteva essere un podestà di Montelparo, il cui compito amministrativo gli era stato direttamente assegnato dal Ducato di Spoleto stesso; occorre comunque ricordare come questo territorio sia stato sempre interessato a conquiste di ogni genere, in particolar modo da un' invasione franca che ha lasciato il segno anche nella toponomastica locale (basti ricordare a tal proposito Moteprandone, così chiamato poichè fondato proprio da un conte franco, tale Prandone intorno alla prima metà del X secolo).
Tornando alla questione toponomastica, alcuni sostengono come il nome Montelparo derivi da Monte El Paro, cioè "monte di uguale altezza" con il vicino Colle Cucco, nome attribuitogli sotto la dominazione spagnola.....ciò, personalmente, mi sembra strano per diveri fattori: prima di tutto i nomi dati a Montelparo sono davvero molti (perlopiù storpiature dialettali) come Mons Elpri, Mons Elpiri, Mons Elprandi ecc.....; se veramente ci fosse stata una dominazione spagnola che gli conferì tale nome, ciò sembra strano poichè Montelparo compare in antichissime pergamene, risalenti addirittura al X secolo, quindi non è possibile che prima della presunta invasione spagnola non avesse un nome.
Di particolare interesse è una notizia datami dalla guida dell'archivio comunale; Montelparo sembrerebbe proprio avere una tipica conformazione urbanistica longobarda, potremmo definirla di tipo radiale, ovvero da un punto cardine (ovvero la cima della collina) si disperde radialmente verso le basi collinari, attraverso solitamente tre cerchie murarie (naturalmente di datazione storica diversa), ben presenti a Montelparo.

venerdì 7 maggio 2010

Metodologia di ricerca

Per ogni storico (novello) che si rispetti, bisogna incominciare il proprio percorso dall'inizio senza tralasciare alcun tipo di particolare ed utillizzare tutto il tempo occorrente.
Come già detto in precedenza, è sbagliato supporre come Montelparo sia stato fondato dal tale presunto condottiero longobardo Elprando, poichè grazie a reperti archeologici si è scoperto che Montelparo era già abitato in epoca romana. Potremmo, quindi, limitare questa attribuzione ad una realtà per lo più toponomastica. In particolare, nella contrada Celestrana, poco al di fuori del paese, è stata rinvenuta una necropoli romana "accompagnata" da reperti piceni di origine ben più antica, secondo alcuni risalenti addirittura all'VIII sec. a.C.
In virtù di tali considerazioni, occorre quindi capire in quale esatto punto del territorio il paese era anticamente abitato, dato che non bisogna affatto dimenticare che i Longobardi erano soliti riutilizzare caseggiati e dimore (spesso delle vere e proprie roccaforti) preesistenti, romane o addirittura bizantine, come nel celebre caso di Castel Trosino, località a 5 km ad ovest di Ascoli Piceno. Necessarie sono poi delle ricerche maggiormente approfondite sull'urbanistica longobarda, in modo tale da evidenziare delle congruenze tra gli insediamenti evolutivi di questo popolo e la struttura topografica di Montelparo. Estremamente importanti risultano, come è ovvio, le pergamene dell'archivio municipale, in cui vengono riportate per iscritto le principali vicende del paese: compito fondamentale, bisogna (oltre che avere una conoscenza minuziosa della storia del luogo) capire quando e, soprattutto, quali e dove delle mura sono state costruite, in modo tale da incentrare la mia ricerca su strutture difensive precedenti, così da limitare il campo d'azione alla parte più antica del paese e, quindi, più storica.
Non bisogna dimenticare, poi, che i primi scritti in cui viene riportato il nome di Montelparo sono le antiche pergamene dell'Abbazie di Fiastra, una traslocazione della sede dai territori sabini a Santa Vittoria in Matenano, dopo la conquista degli antichi territori farfensi da parte dei Saraceni, la cui invasione in Italia fu tra l' 840 e l'898 circa. In queste pergamene viene riportata la concessione delle terre del Mons Elprandi all'abbazia.